Sono perfettamente d’accordo sul fatto che la filiera del biometano “agricolo” possa rendere più sostenibile la mobilità in un’ottica di economia circolare e spero che con questo accordo si possa cercare di sostenere il reddito della piccola e media azienda agricola che mai prima d’ora aveva sofferto una crisi degli introiti così rilevante.

E’ infatti vero che valorizzando gli scarti e sottoprodotti ottenuti dall'agricoltura e dagli allevamenti a km zero è possibile ottenere quasi sempre dal processo di produzione del biometano un output energetico superiore agli input, cosa che non avviene pressochè mai con gli impianti di trattamento rifiuti situati di norma a distanze superiori ai 15 km rispetto a dove i rifiuti vengono prodotti. Ritengo comunque che sia comunque più proficuo dal punto di vista ambientale lasciare che la produzione di energia si fermi al biogas, in quanto con un cogeneratore che trasforma l’energia chimica del biogas in energia elettrica più calore riutilizzabile si ottiene comunque un rendimento maggiore rispetto a quello ottenibile con la produzione di biometano, inoltre il tutto è fattibile con impianti più semplici ed economici.

Speriamo non si ripetano gli errori commessi con l’incentivazione delle produzioni di biodiesel, un prodotto che mediamente richiede per la sua produzione circa 2,5 volte rispetto all’energia ricavabile dal suo utilizzo, altrimenti ci troveremmo nuovamente a spacciare per bio qualcosa di bio a davvero solo l’origine ma che ambientalmente altro non è se non un danno palese.

Quello che il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini non spiega è che i mini impianti per il biometano, che possono secondo lui arrivare a coprire fino al 12% del consumo di gas in Italia sono ancora anti-economici da realizzare perché con il decreto Gentiloni solo gli impianti di grossa taglia possono risultare economicamente vantaggiosi, dato l’elevato costo dell’impianto di trasformazione da biogas a biometano.

Inoltre la paventata riduzione delle emissioni di gas serra è ovviamente possibile solo se si riesce a produrre biometano utilizzando meno energia nel processo di quella che ricaveremo da esso.

Proprio per questo trovo molto più utile che siano stanziati degli incentivi atti a modificare leggermente gli impianti già in uso presso le aziende agricole, affinchè possano essere proficuamente alimentati anche con una piccola frazione di FORSU, che nella stragrande maggioranza dei casi potrebbe essere reperita a km zero. Dato inoltre che con essa l’agricoltore potrebbe incrementare a costo zero la produzione di energia da immettere in rete (già incentivata), la FORSU prodotta in loco potrebbe inoltre smaltita anche a costo quasi zero con enormi vantaggi a livello locale. Ma forse è proprio per questo che di questa tipologia di incentivo i politici non hanno mai parlato…

 

Davide Facchinetti



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